Osservatorio di giurisprudenza – a cura del Consigliere Avv. Antonio Caiafa

Sulla nozione di conflitto di interessi.
Cass. Sez. Un., 12 marzo 2021, n. 7030 (all.to 1)
Nei rapporti tra Avvocato e Cliente la nozione di conflitto di interessi, ai sensi e per gli effetti dell’art. 24 del vigente Codice deontologico forense, non va riferita attraverso una interpretazione restrittiva, nella sola ipotesi in cui l’Avvocato si ponga in contrapposizione processuale con il suo assistito in assenza di un consenso da parte di quest’ultimo, ma comprende tutti i casi in cui, per qualsiasi ragione, il professionista si ponga processualmente in antitesi con il proprio assistito, come quando, nell’ambito di una procedura esecutiva, chieda l’attribuzione di somme del proprio assistito senza sostanzialmente cessarne la difesa, potendo essere il conflitto anche solo potenziale.
La decisione del CNF va dunque confermata per aver ritenuto di sanzionare l’Avvocato che, con il patrocinio di un collega di studio, era intervenuto per il recupero di un proprio credito professionale nella procedura esecutiva iniziata contro il suo assistito, la cui difesa aveva inteso affidare ad altro collega di studio, circostanza ritenuta sintomatica di una rinuncia solo fittizia al mandato.
cfr: Cass., 14 luglio 2015, n. 14634

Liquidazione delle spese processuali per l’attività istruttoria in appello.
Cass., 19 aprile 2021, n. 10226 (all.to 2)
Ai fini della liquidazione delle spese processuali in base al D.M. n. 55 del 2014 l’effettuazione di singoli atti istruttori, e segnatamente la produzione di documenti, in occasione dello svolgimento di altre fasi processuali (quali la fase introduttiva o quella decisionale) non equivale allo svolgimento della fase istruttoria e/o di trattazione che, per quanto riguarda il giudizio di appello, può dare luogo alla liquidazione della relativa voce di tariffa unicamente nel caso in cui venga effettivamente posta in essere, nel corso della prima udienza di trattazione, una o più delle specifiche attività previste dall’art. 350 cod. proc. civ., ovvero nel caso in cui venga fissata una udienza a tal fine o, comunque, allo scopo di svolgere altre attività istruttorie e/o di trattazione, ma non nel caso in cui alla prima udienza di trattazione abbia luogo esclusivamente e direttamente la fissazione dell’udienza di precisazione delle conclusioni, senza lo svolgimento di nessuna ulteriore attività, ciò anche laddove vengano prodotti nuovi documenti in allegato all’atto di appello ovvero successivamente con gli scritti conclusionali.

Previdenza forense.
Cass., Ord., 14 gennaio 2021, n.544 (all.to 3)
La contribuzione soggettiva legittimamente versata resta acquisita alla gestione della Cassa forense e non viene rimborsata, nell’ipotesi in cui l’iscritto si cancelli dalla Cassa senza aver maturato il diritto a pensione essendo legittimo l’art. 4 del regolamento della Cassa Forense del 2004, che prevedendo il divieto di rimborso dei contributi, ha abrogato l’art. 21 della legge n. 576 del 1980, essendo tale abrogazione giustificata dalla delegificazione prevista dall’art. 3, dodicesimo comma, della legge n. 335 del 1995 che, nella sua originaria formulazione, attribuisce agli enti previdenziali privatizzati il potere di adottare atti idonei ad incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico nel rispetto del principio pro-rata.
cfr.: Cass., 23 giugno 2013, n. 16096; Cass., 18 gennaio 2006, in Foro It., 2007, I, 836, con nota di CARBONE, Previdenza forense: parziale omissione contributiva e costituzione di rendita vitalizia.

Sospensione della prestazione e obbligazione contributiva.
Cass., Sez. Rav. Ord., 6 ottobre 2020, n. 21479 (all. 4)
Dal principio di autonomia del rapporto contributivo rispetto alle vicende della obbligazione retributiva deriva la regola del cd. minimale contributivo, che prevede l’obbligo datoriale – a prescindere da eventuali pattuizioni individuali difformi nell’ambito del rapporto di lavoro – di rispetto della misura dell’obbligo contributivo previdenziale in riferimento ad una retribuzione commisurata ad un numero di ore settimanali non inferiore all’orario normale di lavoro stabilito dalla contrattazione collettiva, secondo il riferimento ad essi fatto con esclusiva incidenza sul rapporto previdenziale.
Ne deriva che la contribuzione è dovuta anche in caso di assenza o di sospensione concordata della prestazione che non trovi giustificazione nella legge o nel contratto collettivo bensì in un accordo tra le parti che deriva da una libera scelta del datore di lavoro; va, infatti, esclusa la libertà delle parti di modulare l’orario di lavoro e la stessa presenza al lavoro con effetto sull’obbligazione contributiva, considerato che quest’ultima è svincolata dalla retribuzione effettivamente corrisposta e deve essere connotata da caratteri di predeterminabilità, oggettività e possibilità di controllo. Ciò vale anche nel caso di attenuazione o cessazione temporanea dell’attività lavorativa per insussistenza di commesse, essendo tali eventi ricompresi nell’ambito del rischio imprenditoriale che grava sul datore di lavoro in via esclusiva, senza che ciò possa riflettersi sull’obbligo contributivo.
cfr.: Cass., 3 giugno 2019, n. 15120; Cass., Ord., 21 maggio 2019, n. 13650; Cass., 7 agosto 2017, n. 19662; Cass., 16 giugno 2016, n. 12425

Super Società di fatto e competenza alla dichiarazione di fallimento in estensione.
Cass., 22 febbraio 2021, n. 4712 (all. n. 5)
In caso di estensione del fallimento promosso ai sensi dell’art. 147 l.f., dal curatore del fallimento di una società di capitali di cui si predichi l’essere socia illimitatamente responsabile di una super società di fatto, composta da quella e da altre società, la competenza dichiarativa del Tribunale non si fonda sul criterio del luogo in cui aveva sede la società di fatto stessa ma trova applicazione, in deroga all’art. 9 l.f., il diverso e speciale criterio della prevenzione temporale, sicché è competente il Tribunale ove già risulta pendente la prima procedura concorsuale, di cui è curatore l’istante in omaggio al canone della concentrazione processuale e tale interpretazione offre senso al dover procedere “allo stesso modo”, come voluto dall’art. 147 l.f., per ogni ipotesi di scoperta di altri soci di una società comune al già dichiarato fallito.

Fallimento: licenziamento ingiustificato ed indennità supplementare.
Cass., 8 febbraio 2021, n.2964 (all.n.6)
La domanda di credito per emolumenti relativi ad un rapporto di lavoro cessato assumendo il carattere ingiustificato del licenziamento che vi ha posto fine è correttamente prospettabile come insinuazione al passivo avanti alla procedura concorsuale dell’impresa nel frattempo fallita.
Non vi sono infatti deroghe alla visa actrattiva nel foro fallimentare, secondo una competenza funzionale destinata ad ospitare l’accertamento del credito allorché la dichiarazione di illegittimità o inefficacia del licenziamento non sia oggetto di una domanda affiancata ad una diversa, più diretta, tutela reale od obbligatoria del rapporto di lavoro, ne consegue che quando essa risulta limitata alla partecipazione al concorso, come nel caso, per l’appunto di una indennità supplementare collegata alla interruzione ingiustificata del rapporto e prevista dalla contrattazione collettiva.
In senso contrario: Cass., 14 luglio 2020, n. 14975; Cass., 26 giugno 2020, n. 12833; Cass., 30 marzo 2018, n. 7990; Cass., 16 ottobre 2017, n. 24363 che ai fini del riparto cognitorio hanno ritenuto dover essere individuato nelle rispettive speciali prerogative del Giudice del Lavoro, quale Giudice del rapporto, riferito alle controversie aventi per oggetto lo status del lavoratore, con riferimento ai diritti di concreta instaurazione, vigenza e cessazione del rapporto ed a quello del concorso l’accertamento e la qualificazione dei diritti di credito derivanti dal rapporto.

La prededuzione del credito del professionista nel concordato preventivo.

Cass., Ordinanza interlocutoria, 11 marzo 2021, n. 10885 (all. 7)

Occorre offrire ai Giudici di merito indicazioni chiare ed univoche, le quali possano orientare le loro decisioni in un contenzioso ampio e combattuto il che giustifica la trasmissione degli atti al Primo Presidente per la eventuale assegnazione alle Sezioni Unite affinché possano essere chiariti i seguenti punti: i) se la disciplina della revocatoria dei pagamenti dei crediti insorti a fronte della prestazione di servizi strumentali all’accesso alle procedure concorsuali condivide la medesima ratio posta a fondamento della prededuzione del credito dei professionisti che abbiano prestato la propria opera in vista dell’accesso alla procedura concordataria; ii) se debba essere ribadito che la prededuzione di detto credito non trova fondamento nel presupposto della occasionalità, ma in quello della funzionalità e/o della espressa previsione legale; iii)se debba essere ribadito che il criterio della funzionalità va scrutinato ex ante, non considerando in alcuna misura l’utilità delle prestazioni del professionista; iv) se la previsione legale si riferisca al solo professionista attestatore o anche agli altri professionisti (Avvocato, Advisor); v) se il preconcordato sia una fase organica della procedura ovvero se la procedura di concordato preventivo, anche in caso di concordato in bianco, abbia inizio con il provvedimento di ammissione del Tribunale; vi) se la prededuzione spetti anche in caso di procedura di concordato in bianco che non varca la soglia dell’ammissibilità, ovvero in caso di revoca della proposta da parte del proponente; vii) se la prededuzione spetti al professionista che ha lavorato prima ancora del deposito della domanda di concordato; viii) se l’esigenza di contrastare il danno inferto ai creditori, per effetto del depauperamento dell’attivo derivante da una gestione preconcordataria produttiva di debiti prededucibili, possa essere soddisfatta attraverso la verifica dell’esatto adempimento e del carattere non abusivo e/o fraudatorio, della prestazione richiesta al professionista in vista dell’accesso alla procedura concordataria.

Sul tema della prededuzione nel concordato si registrano pronunce antitetiche, Cass., 15 gennaio 2021, n. 639; Cass., 18 giugno 2019, n. 16224; Cass., 18 gennaio 2018, n. 1182; Cass., 14 marzo 2017, n. 6517; Cass., 5 dicembre 2016, n. 24791; Cass., 15 aprile 2016, n. 7359; Cass., 4 novembre 2015, n. 22450; Cass., 10 settembre 2014, n. 19013 che hanno ritenuto poter essere riconosciuta natura prededuttiva al credito del professionista che abbia svolto di assistenza e consulenza ai fini della presentazione della domanda di concordato dichiarata inammissibile o rinunciata.

Cass., 28 gennaio 2021, n. 1961 che al contrario ha riconosciuto la prededuzione anche nel caso in cui la procedura concorsuale sia stata definita con un decreto di inammissibilità sul presupposto di costituire il relativo riconoscimento un effetto automatico derivante dall’art. 161, comma sette, l.f.

Processo tributario ricorso del contribuente fallito per crediti fiscali.

Cass., 30 aprile 2021, n. 25218 (all. n.8) E’ inammissibile, per difetto di legittimazione ad agire, ai sensi dell’art. 43, comma primo, l.f., il ricorso del contribuente concernete crediti fiscali i cui presupposti si siano verificati prima della dichiarazione del suo fallimento, ove il curatore abbia omesso di promuovere detto ricorso non per inerzia, ma in seguito ad una esplicita presa di posizione negativa circa la sua utilità per la massa dei creditori.

Danno da perdita del rapporto parentale.

Cass., 21 aprile 2021, n. 10579 (all. 9)

Al fine di garantire non solo una adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l’uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul sistema a punti che preveda oltre l’adozione del criterio a punto l’estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l’elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, da indicare, come indefettibili, l’età della vittima, l’età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, nonché l’indicazione dei relativi punteggi, con la possibilità di applicare sull’importo finale dei correttivi in ragione della particolarità della situazione, salvo che l’eccezionalità del caso non imponga, fornendo non adeguata motivazione, una liquidazione del danno, senza fare ricorso a tale tabella.

Ragionevole durata del processo
Cass., 30 marzo 2021, n. 25204 (all. 10)
Il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone al Giudice, ai sensi degli artt. 175 e 127 cod. proc. civ., di evitare ed impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano quelli che si traducono in un’inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue, perché non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da concrete garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo in condizione di parità dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato a esplicare i suo effetti.
Ne deriva che l’istanza per la trattazione congiunta di una pluralità di giudizi relativi alla medesima vicenda, non espressamente contemplata dagli artt. 115 e 82 disp. att. cod. proc. civ., deve essere sorretta da ragioni idonee ad evidenziare i benefici suscettibili di bilanciare gli inevitabili ritardi conseguenti all’accoglimento della richiesta, bilanciamento che deve essere effettuato con particolare rigore nel giudizio di cassazione, in considerazione dell’impulso d’ufficio che lo caratterizza la cui applicazione rigorosa giustifica il mancato accoglimento della richiesta di riunione quando essa risulti essere motivata sulla base di differenti conclusioni rassegnate dal Procuratore Generale nei procedimenti di cui viene sollecitata la riunione.
cfr.: Cass., 27 maggio 2019, n. 14265; Cass., 10 marzo 2012, n. 3189

Riscossione contributi condominiali e/o annullabilità della delibera.
Cass., Sez. Un, 14 aprile 2021, n. 9839 (all. 11)
Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione dei contributi condominiali il Giudice può sindacare sia la nullità dedotta dalla parte o rilevata d’ufficio, della deliberazione assembleare posta a fondamento dell’ingiunzione, sia l’annullabilità di tale deliberazione, a condizione che quest’ultima sia dedotta in via di azione – mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell’atto di citazione in opposizione – ai sensi dell’art. 1137, secondo comma, cod. civ., nel termine perentorio ivi previsto, e non in via eccezione.
L’eccezione con la quale l’opponente deduca l’annullabilità della deliberazione assembleare, posta a fondamento dell’ingiunzione, senza chiedere una pronuncia di annullamento di tale delibera, è inammissibile e tale inammissibilità va rilevata e dichiarata d’ufficio dal Giudice.
In tema di Condominio negli edifici, sono affette da nullità, deducibili in ogni tempo da chiunque ne abbia interesse, le deliberazione dell’assemblea dei condomini che mancano ab origine degli elementi costitutivi essenziali, quelle che hanno un oggetto impossibile in senso materiale o in senso giuridico – dando luogo, in questo secondo caso, ad un difetto assoluto di attribuzioni – e quelle che hanno un contenuto illecito, ossia contrario a norme imperative o all’ordine pubblico o al buon costume; al di fuori di tali ipotesi le deliberazioni assembleari adottate in violazione di norme di legge e di regolamento condominiale sono semplicemente annullabili e l’azione di annullamento deve essere esercitata nei modi e nel termine di cui all’art. 1137 cod. civ.
In tema di deliberazione dell’assemblea condominiale, sono nulle le deliberazioni con le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i generali criteri di ripartizione delle spese condominiali previste dall’art. 1123 e segg., cod. civ., o dalla convenzione, da valere per il futuro, trattandosi di materia che esula dalle attribuzioni dell’assemblea previste dall’art. 1135, nn. 2 e 3, cod. civ., e che è sottratta al metodo maggioritario; mentre sono meramente annullabili le deliberazioni aventi ad oggetto la ripartizione in concreto tra i condomini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni, adottate senza modificare i criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione, ma in violazione degli stessi, trattandosi di deliberazioni assunte nell’esercizio delle attribuzioni assembleari previste dall’art. 1135, nn. 2 e 3, cod. civ., che non sono contrarie a norme imperative, così che la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza previsto dall’art. 1137, ultimo comma, cod. civ.

Avvocati: divieto di candidatura e proclamazione nel caso di svolgimento di due mancati consecutivi
Cass., Sez.Un., 26 marzo 2021, n.8566 (all. n.12)
Ai fini dell’applicazione della norma di cui al terzo comma dell’art.3, della legge n.113 del 2017, che prevede che i Consiglieri dell’Ordine degli Avvocati non possono essere eletti per due mandati consecutivi, occorre fare riferimento ad una nozione di mandato in senso oggettivo, senza che possa avere rilievo la circostanza che il Consigliere già eletto per il secondo mandato si sia dimesso anticipatamente rispetto alla durata legale della Consiliatura, non potendo quindi ripresentarsi alle elezioni immediatamente successive. Né può rilevare in senso contrario la diversa previsione del terzo periodo del terzo comma, secondo cui la ricandidatura è possibile quando sia trascorso un numero di anni uguali agli anni nei quali si è svolto il precedente mandato, attesa che la norma mira a rafforzare il divieto di cui al precedente periodo, disponendo che il divieto di rielezione opera anche nel caso in cui, pur non essendovi stata una immediata ripresentazione, la successiva Consiliatura abbia avuto una fine anticipata rispetto al termine legale e non sia ancora decorso un numero di anni uguale a quello del precedente mandato, sempre inteso come riferito alla durata della Consiliatura.

Disciplinare Magistrati: nozione di grave scorrettezza
Cass., Sez. Un., 30 dicembre 2020, n.29823 (all.n.13)
La grave scorrettezza, inteso quale elemento costitutivo dell’illecito di cui all’art.2, comma primo, alla lettera d) del d.lgs. n.109 del 2006 è ravvisabile nei comportamenti del Magistrato nei confronti delle parti, dei Difensori, di altri Magistrati e di chiunque abbia con esso rapporti nell’ambito dell’Ufficio Giudiziario ed ai fini della sua individuazione impone per il Giudice disciplinare la necessità di attingere sia ai principi che la disposizione implicitamente richiama sia a fattori esterni presenti nella coscienza comune, così da fornire concretezza alla parte nobile della disposizione che, come tale, è suscettibile di adeguamento e rispetto al contesto storico-sociale in cui deve trovare operatività. Deve ritenersi pertanto sussistente il requisito della grave scorrettezza della condotta qualora nel farsi riferimento alla regola – rientrante tra quelle di civile comportamento che devono connotare i rapporti sociali in generale – il comportamento tenuto sia sconfinato “nella mancanza di rispetto, nella aggressività a verbale o nel dileggio gratuito”.
L’illecito disciplinare non è configurabile solo quando il fatto è di scarsa rilevanza pur richiedendosi in tal caso che l’accertamento della condotta disciplinare venga compiuto senza sovvertire il principio di tipizzazione degli illeciti, ciò in quanto il bene giuridico individuato specificamente dal legislatore, in rapporto al singolo illecito, non coincide con il giudizio di “scarsa rilevanza del fatto”, sicchè dovrà tenersi conto della consistenza della lesione arrecata al bene giuridico “specifico” e solo qualora l’offesa non sia apprezzabile in termine di gravità, occorrerà verificare se quello stesso fatto, che integra l’illecito tipizzato, abbia però determinato l’effettiva lesione dell’immagine pubblica del Magistrato, risultando applicabile la esimente esclusivamente in caso di esito negativo di una siffatta verifica.

Federico Bocchini

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